scrivo bene per te
La ragazza sfigata portava jeans larghi e maglie dalle maniche sfibrate dal nervoso.
Vestiva di scarpe comode e in mano teneva un guinzaglio rosso a cui era attaccato un cane nero.
L’uomo fonzie aveva il giubbotto di pelle, gli occhiali da sole e lo sguardo da duro.
Cavalcava una grosso moto e nel cuore non aveva altro posto che per se stesso.
La sfigata e fonzie una sera di cena di cozze scontrarono i loro sguardi e i loro pensieri, entrambi pensando che avrebbero potuto avere dall’altro qualcosa di buono.
La sfigata dava a dismisura amore, tempo, impegno.
Il fonzie prendeva a dismisura e per riempire il suo vuoto.
Gli amori “fanno dei giri immensi e poi ritornano”, ma solo quando sono davvero amori.
La sfigata e fonzie non producevano “amore”, ma solo il bisogno l’uno dell’altro.
Un giorno la sfigata, che sfigata non era, aprì gli occhi alla verità. Glieli aprì con un piede di porco di dolore e incredulità, ma doveva vedere. E vide.
Quel giorno fonzie cadde dalla moto del suo ego, ruzzolando rovinosamente con la faccia sull’asfalto, rompendosi il naso e sanguinando copiosamente.
Fu in quel momento che la sfigata capì che aveva altri vestiti sotto i jeans larghi e le maglie sfibrate, solo che non lo sapeva. La sfigata era solo un bruco che non sapeva che sarebbe divenuta farfalla.
In mezzo al dolore e agli strappi dell’anima, la sfigata andò avanti piangendo e urlando dal male fino a che la sua larva apparve con due immense ali blu e bianche.
Fonzie finse fierezza. Fonzie ignorò il dolore che aveva provocato. Fonzie sbraitò ragioni senza senso. Fonzie era stato smascherato e sotto la giacca di belle, gli occhiali da sole e lo sguardo da duro nascondeva un esile scheletro ricoperto di vermi.
Fonzie sapeva che la sfigata non lo era e avrebbe voluto risucchiarle l’anima come un novello Dorian Gray. Fonzie sapeva che lo sfigato era lui, ma nascondeva il riflesso di se stesso nel bruco inconsapevole di se stesso.
Alla sfigata sono spuntate le ali, mentre a Fonzie si è fermato il cuore.
La signora dai capelli grigi non aveva più forma nè sostanza.
La vita le aveva prosciugato la gioia anche se quella gioia la stava inseguendo disperatamente da sempre.
La signora dai capelli grigi li avrebbe voluti d'argento e avrebbe voluto che il cuore di suo marito fosse solo per lei.
Ma il cuore di suo marito non gli apparteneva, non gli era mai appartenuto e non avrebbe potuto appartenere a nessuna, perchè lui lo aveva messo sotto chiave. Sotto la chiave dell'infelicità, della paura, della frustrazione.
La signora dai capelli grigi portava avanti il peso dei suoi anni, sempre più pesanti nel peso del suo corpo, sempre più grande di quella piccola testa con i capelli grigi.
Più piccola era la testa rispetto a quel corpo immenso, più i suoi capelli grigi si notavano e brillavano di un desiderio mancato, di una vita disillusa, di un amore tradito.
Il cuore di suo marito batteva solo per se stesso e su se stesso era collassato quel giorno dopo Natale, pieno di quell'amore culinario che inutilmente lei gli voleva dare.
Riempirlo di cibo era la sua dichiarazione d'amore, ma quel cibo chiuse il sangue gelido del gelido marito. Il cuore aveva cercato di fermarsi per dire basta. Un basta definitivo all'amore. Ma quel cuore, per quanto strano, volle vivere ancora. Volle sopravvivere a se stesso e all'amore.
La donna dai capelli grigi osservava quell'uomo. Quell'uomo che da tempo non era più suo marito.
La donna dai capelli grigi osservava triste e senza più intenzione alcuna quell'uomo vecchio che aveva spaccato anche il suo di cuore, nell'inutile tentativo di essere giovane per sempre.
Prendi un ostacolo
trattalo male
non farti ferire
non farti fermare
Prendi un inciampo
ridici sopra
non insultarlo
non arrabbiarti
Prendi un cretino
studialo bene
non imitarlo
non ascoltarlo
Prendi la vita
abbracciala tutta
non odiarla
non amarla
Non sono qui a farmi fare gli applausi.
Per quello mi basta ogni giorno sorridermi allo specchio.
Sono qui per convincervi di una cosa che io stessa non reputavo possibile: se ne esce e pure meglio di prima.
Solo che è un "lavoro" lungo e faticoso. Non ci si mette un mese.
Ci si mettono gli anni.
Ma prima bisogna, assolutamente, iniziare a "scrivere un piano" sennò si rischia di vagare da una cosa all'altra senza senso.
Mi scrive Maria: “È finita da tanto tempo, ma devo ammettere che ci lega un filo di malattia molto tenace e io l'ho amato così tanto. Credo di averlo perdonato. Noi siamo migliori e io lo accolgo come amica. Va detto che riesco a tenere una certa distanza. Ora si confida con me e, dopo ogni telefonata, mi ringrazia. In pratica lo ascolto. Lui non è cambiato, ma devo ammettere che quello che ho provato per lui non è più accaduto. Lui dice lo stesso di me. Purtroppo non riesce a stare in una relazione. Quindi io me ne sto da sola, che è meglio”
Ecco qual è il problema: la relazione con un narcisista perverso porta ad altissimi livelli emotivi: quello che vivi rasenta davvero il paradiso e sei consapevole che nessuno ti ha dato tanto e che nessuno, forse, potrà darti di nuovo un'emozione così intensa.
“Stavo pensando – gli dissi dopo poco più di anno di relazione con lui – che credo di non aver mai detto tante volte 'scusa' in vita mia come da quando sto con te”
Io non sapevo niente di manipolazione relazionale, non avevo mai sentito nemmeno mai il termine “narcisista patologico” e non avevo la benchè minima idea delle dinamiche che si instaurano in un rapporto del genere.
Ma un barlume di lucidità ogni tanto, almeno all'inizio, affiorava e mi lasciava vedere che io non ero più la stessa e che la mia persona si era assoggettata a lui e, ogni volta che gli chiedevo scusa, lo stavo “implorando” di non punirmi con il suo silenzio contrariato.
E quante volte gli ho chiesto scusa pur consapevole di non aver fatto o detto niente di male.
Il mio cuore me lo stava urlando che non dovevo chiedere scusa. Ma, intanto, lo faceva lo stesso.
Il dolore di una menzogna d'amore uccide come una fucilata alle spalle.
Il dolore di un amore finto ti riduce in brandelli la voglia di vivere.
Il dolore di un amore bugiardo ti annichilisce senza possibilità di risposta.
Se hai bisogno di scrivere qualunque tipo di documento, dalla lettera alla denuncia, dalla tesi di laurea alla storia della tua vita, ti invito a contattarmi mandandomi una email a oremy@oremy.it spiegandomi di cosa hai bisogno o scrivendomi via whatsapp (no telefonate) al 349 2540661.
Mi chiamo Emilia Orefice, ho qualcosa in più di 40 anni, superati i quali si smette di contare.
Ho lavorato per moltissimi anni nella produzione di siti web, partendo dalla stesura di appositi testi adatti al web, fino alla loro realizzazione completa, in maniera autonoma come free lance.
Per questioni puramente personali, da quasi tre anni mi dedico all'assistenza degli anziani come collaboratrice familiare nelle loro case, occupandomi di loro e delle loro esigenze quotidiane.
Nel tempo che mi rimane aiuto i laureandi nella redazione della loro tesi di laurea.
Sono estremamente empatica, riflessiva e arguta, senza mancarmi per nulla la socievolezza.
Ho eccellenti capacità nell'analisi dei testi e nel problem solving.
Sono bravissima nella scrittura in tutte le sue varianti (informale, formale, aulica, burocratica...) e sono maniacalmente precisa quando redigo i miei testi e, ancora di più, quelli ufficiali.
Le attività che compio per hobby sono altrettanto numerose e variegate e vanno dalla classica lettura (da qualche anno soprattutto saggi di scienze sociologiche/psicologiche, et similia), alla fotografia amatoriale, fino all'attuale fortissimo interesse per la difesa personale attraverso l'arte marziale del wing chun per il quale sto studiando per diventare istruttore.
Sono stata sempre un leader in tutti i contesti a cui ho partecipato, ma so essere anche un eccellente braccio destro.
Se non sai come scriverlo, o vorresti scriverlo meglio: contattami e ti dirò come fare!