Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un'invasione sui social media da parte degli adulti che, superato il divario digitale, si sono lanciati in una battaglia a colpi di post e commenti. Secondo We Are Social, quasi 43 milioni di italiani sono attivi sulle piattaforme, con una crescita del +5,4%. Molti di questi nuovi arrivati sono i cosiddetti "Boomer" (nati tra il 1946 e il 1964), che si sono adattati al mondo digitale con meno freni di quelli che avrebbero nella vita reale. Purtroppo, questo ha portato a un fenomeno noto come effetto Dunning-Kruger, dove chi sa poco crede di sapere tutto, e non è mai stato più evidente di quanto lo sia online.
Il problema del digital divide: l’accesso senza educazione
Se da un lato l’accesso a internet ha consentito a molte persone di connettersi, dall’altro ha mostrato il gap di competenze digitali. Mentre la Gen Z e i Millennials dominano la rete con un’alfabetizzazione digitale sempre più avanzata, i Boomers spesso non dispongono di strumenti critici per navigare le informazioni. Il risultato? Boomers che condividono fake news, teorie del complotto e opinioni veementi su argomenti che non comprendono appieno. La mancanza di discernimento tra notizie reali e bufale è preoccupante: secondo il Censis, questa popolazione è particolarmente vulnerabile all'information gap.
Il caos del social: dal bar di quartiere a Facebook
Una volta, le conversazioni al bar o in piazza erano regolate dal contesto: chi parlava era noto, e la credibilità delle opinioni era filtrata da norme sociali implicite. Ora, però, la rete ha eliminato questi filtri. Su Facebook, il commento di un esperto è spesso trattato alla pari di quello di un utente qualunque, che si sente libero di dire la propria su qualsiasi tema, anche senza competenze. Queste "piazze virtuali" hanno amplificato il bisogno compulsivo di commentare e condividere, anche quando sarebbe meglio rimanere in silenzio.
La falsa sensazione di essere sempre nel giusto
Internet ha reso tutti "esperti", ma soprattutto ha dato ai Boomers l'illusione di essere sempre dalla parte giusta. La possibilità di trovare online informazioni che confermino le proprie convinzioni, senza preoccuparsi di verificare le fonti, alimenta un circolo vizioso di arroganza. Per ogni post sui vaccini, sui cambiamenti climatici o sugli immigrati, c'è un Boomer pronto a esprimere un'opinione basata su articoli di dubbia provenienza, rinforzando la convinzione di avere sempre ragione.
Le conseguenze sociali: divario generazionale e conflitti
Questa dinamica ha portato a una crescente tensione generazionale. I giovani si trovano spesso a combattere contro le bufale diffuse dai loro parenti più anziani, cercando di far capire l’importanza della verifica delle fonti. Ma la risposta è quasi sempre la stessa: “Ai miei tempi si stava meglio” o “Non ci si può fidare dei media moderni”. E così, discussioni che potrebbero essere costruttive finiscono per diventare conflitti inutili, alimentati da un’informazione scadente e una fiducia mal riposta.
Un futuro di alfabetizzazione digitale?
Per risolvere questo problema non basta limitarsi a criticare i Boomers. È necessario un grande sforzo di educazione digitale per insegnare loro non solo come usare i social, ma soprattutto come interpretare le informazioni che incontrano online. Solo così possiamo sperare di ridurre il caos e riportare le piazze virtuali a un livello di discussione più sano e razionale.
In definitiva, l’accesso senza educazione è un’arma a doppio taglio. Se da un lato ha dato a milioni di persone la possibilità di partecipare a conversazioni globali, dall’altro ha anche evidenziato quanto sia pericoloso confondere l’opinione con la competenza.